giovedì 20 dicembre 2007

An end has a start



Disco - Autore The Editors

Per chi conosce ed ama i Joy Division, il titolo del nuovo lavoro degli Editors è un sicuro richiamo ad una canzone, A means to an end, tra le più belle ed intense del quartetto che, con il suo unico disco, chiuse l’era del punk e aprì quella della new wave in una volta sola.
La risposta al fatto che una fine ha un significato potrebbe proprio essere che una fine deve avere un inizio.
O no?
Ho cominciato nel modo più cervellotico possibile, ma il succo del discorso è che, dopo l'ottimo esordio The backroom, gli Editors si confermano un gran gruppo, capace di scrivere (e suonare) canzoni uniche e molto emozionanti, a tratti persino epiche.
Molto è dovuto alla calda e avvolgente voce di Tom Smith, che rimanda molto spesso, volente o nolente, a quella del mai troppo compianto Ian Curtis.
Il resto lo fanno chitarra, basso e batteria, che disegnano con precisione una serie di melodie ed intrecci sonori davvero notevole.
Canzoni come Smokers outside the hospital doors, la title track o The racing rats (nuovo singolo) entrano diritte nel miglior repertorio del gruppo, andandosi ad aggiungere a titoli quali Blood, All sparks e Munich.
Un tipo di canzone che mescola con sapiente dosaggio new wave e nuove sonorità, con linee di basso ossessive e batteria quasi sempre sincopata, usando arrangiamenti che si rifanno al più oscuro dark di inizio anni ottanta. Ma resi attuali con delle melodie e un cantato decisamente "moderni".
Sarei curioso di vederli dal vivo, ma finora mi sono sfuggiti.
Se sapete qualcosa di un loro imminente tour italiano, e anche voi usate la copertina di Unknown pleasures come screen saver ... fatemi un fischio!

- Luca Pasquadibisceglie

Cavie


Libro - Autore Chuck Palahniuk

Mettiamola così: se vedete alla fermata dell'autobus un annuncio per aspiranti scrittori che vi invita ad abbandonare la vostra vita per tre mesi e per isolarvi in un luogo segreto con altri "geni incompresi", che come voi chiedono solo di fuggire dal mondo per poter scrivere il loro capolavoro ... scappate via e non voltatevi mai indietro!
Oppure leggete Cavie e scoprite cosa vi sarebbe potuto capitare: un teatro abbandonato come casa, isolati da tutto e tutti, con dei compagni di scrittura che non vedono l'ora di diventare famosi, magari partecipando ad un reality show, e raccontare ad un pubblico fedele e pagante la loro esperienza vissuta con dolore e catarsi totale.
E che non esitano, pur di apparire più sofferenti e dimagriti del vicino/concorrente, a sabotare ogni cosa all'interno del teatro, dal cibo agli scarichi dei gabinetti ai lampadari e al sistema di riscaldamento.
E infine, non contenti e non ancora raggiunto lo standard di “sofferente perfetto per i media”, non esitano ad auto mutilarsi o perfino a morire pur di vincere la immaginaria sfida tv legata alla loro straziante esistenza di artista incompreso.
Ciascuno, poi, racconta anche una storia. Che in molti casi non si capisce se sia vera o no, autobiografica oppure no. Ma che in ogni caso ti colpisce allo stomaco con un pugno ricoperto di fil di ferro arrugginito. Non ve le anticipo perché magari chi legge è debole di stomaco o facilmente impressionabile, ma questa volta Chuck ci va giù davvero pesante. E a volte non basta la sua ironia pungente per smorzare i toni splatter di alcune pagine.
Villa Diodati, nel XIX secolo, partorì Frankenstein e il primo Dracula, Cavie genera il libro più pulp ed osceno di Palahniuk. Ed è dire davvero molto.

- Luca Pasquadibisceglie

giovedì 15 novembre 2007

Rabbia


Libro - Autore Chuck Palahniuk

Chi era realmente Buster Casey? L’uomo che ha causato la più devastante epidemia di rabbia del ventesimo secolo, o una invenzione dei mass media? L’uomo che ha inventato il Party crashing (pratica automobilistica che consiste “semplicemente” nel tamponare gli altri partecipanti al party…), o un pazzo suicida? Un grande talento o un povero fallito?
Una lunga serie di interviste e di contributi da parte di chi lo ha conosciuto fin da bambino, genitori e vecchi compagni di scuola compresi, potrà aiutarci a risolvere l’enigma.
Per chi conosce la scrittura di Palahniuk, direi che (per fortuna) non c’è nulla di nuovo rispetto agli altri suoi titoli. La prima impressione, dopo poche righe, è stata “Ha preso Fight Club, lo ha ambientato in un contesto automobilistico e mi ha fregato 15 euro”. Ma con il passare delle pagine si intuisce che la storia nasconde ben altro rispetto alle premesse.
Migliaia di monete antiche che spuntano da secchi di vernice nascosti nei fienili, dentini da latte che distruggono l’economia di una città, la nonna e la madre di Buster che restano incinte lo stesso giorno, alla stessa ora, nello stesso modo a distanza di anni .. e sembrerebbe che il padre sia in entrambi i casi la stessa persona!
Il mistero si infittisce, e sfocia in alcune delle pagine più allucinate mai prodotte dal vecchio Chuck, e per chi ha già avuto modo di conoscere i suoi precedenti lavori sa quanto sia difficile, ogni volta, superare i risultati precedenti.
A “rassicurare” il lettore interviene, ogni tanto, Radio traffico esplicito, che racconta con dovizia di particolari i vari incidenti stradali che capitano in giro per il mondo, lasciandoci ogni volta con la promessa di tornare molto presto con incidenti ancora più spettacolari e truculenti.
Intanto la matassa che compone il libro si dipana con altri particolari, altri frammenti della storia di Buster che cominciano a lasciar intravedere il quadro generale. Che lascia a bocca aperta come in ogni suo finale.
Un ultimo indizio: se fosse un film questo Rabbia sarebbe di sicuro Donnie Darko. Molto più bizzarro, ma dalla struttura abbastanza simile.
Basta, non aggiungo altro per non rovinare la lettura ai coraggiosi che compreranno il libro.
Da quello che ho scritto si capisce poco della trama?
Lo so, ma leggetelo e poi ditemi come fare a scrivere qualcosa di preciso con una storia simile!

- Luca Pasquadibisceglie

Reduce

Libro - Autore Giovanni Lindo Ferretti

Ho una lista di persone che mi piacerebbe conoscere, e la tengo aggiornata più o meno dai tempi dell'asilo.
Tra i numerosi nomi che la compongono (Spiderman e Batman compresi, Babbo Natale l’ho tolto da pochi anni), quello di Giovanni Lindo è da almeno tre lustri fra i primi cinque. Nell'attesa di potergli stringere la mano, ho ascoltato tutti i suoi dischi (CCCP prima, CSI e PGR poi) e ho letto i suoi scritti, che narrano perlopiù i tempi del post punk emiliano dei CCCP.
Ma, soprattutto con i CSI, Giovanni Lindo ha dimostrato di essere un paroliere di talento e un fine scrittore di testi. Raffinato e profondo, incisivo e nitido come soltanto certe albe in montagna possono esserlo.
Il suo ultimo libro, Reduce, è stata quindi una piacevole conferma.
Scritto nello stile asciutto e montanaro che lo contraddistingue, con parole scortecciate (Fenoglio docet) ad una ad una, con calma e pazienza, come si fa con un legnetto intagliato davanti al fuoco nelle lunghe sere invernali. In silenzio, oppure raccontando vecchie storie di animali selvaggi o di raccolti miracolosi.
Sono pagine piene di ricordi familiari e di giorni vissuti perlopiù tra gli anni settanta/ottanta, che dipingono un percorso di vita che parte dalla sua rozza Emilia paranoica e termina, ai giorni nostri, nell’Appennino così aspro eppure magico, specie se vissuto montando uno degli amatissimi cavalli.
I racconti dei nonni e degli zii sopravvissuti alla guerra, fatti di dolore e sacrificio. Di fame e di istinto, di parole e di paesaggi sfuocati dalla giovinezza.
E poi la geografia dei suoi spostamenti nomadi, da post adolescente che cerca qualcosa che è sempre ad un passo da lui. Ricerca interiore e religiosa comprese. E quindi Algeri ed il Sahara, la Jugoslavia (come dimenticare il testo di Cupe vampe contenuto nel disco Linea Gotia?), Berlino, la Mongolia e il Tibet.
Il mondo di un uomo così particolare e schivo, che si apre all'improvviso, parola dopo parola, pensiero dopo pensiero, in un libro intenso, dal quale togliere una parola significa rovinare la lettura in modo irreparabile.

- Luca Pasquadibisceglie

domenica 11 novembre 2007

TI AMO, 'n tal dialet a-iera nen

LIBRO - Autori: "Giovani da Tanto Tempo"
Com'era l'amore ai tempi dei nostri nonni? Per rispondere a questa domanda si sono raccolte le testimonianze di persone di Soprana, Strona, Mezzana, Casapinta... che hanno raccontato alcune loro esperienze. Ne è uscito un volumetto diviso in 5 parti: il primo incontro, la storia, il fidanzamento, il matrimonio, la vita di coppia. Un piccolo libro scorrevole nella lettura, divertente e interessante nei contenuti. Fidanzamenti segreti, scappatelle nelle "balere", primi baci, cinema che "finiscono troppo tardi", recarsi alla cerimonia nuziale a piedi o in autobus, fare un viaggio di nozze ad Oropa.
E' interessante confrontare il modo di innamorarsi dei giovani di una volta con quello dei giovani di oggi. Non diverso nella sostanza, ma certamente nei modi. Altri tempi, senza le comodità che spesso distraggono dalle cose importanti. Tempi in cui "si aveva tutto perché bastava volersi bene" e non serviva molto altro. Non mancavano i litigi ma il modo di affrontarli era diverso, perché un amore era "per sempre". Sarebbe bello se un libro così fosse letto anche dai ragazzi di oggi e magari commentato pubblicamente in classe, perché è sempre utile fermarsi a riflettere.

-Roberto Moretto

lunedì 5 novembre 2007

Spingendo la notte più in là


Libro - autore Mario Calabresi

Questo libro è stato per molti un fulmine a ciel sereno. E il suo successo ha di sicuro rovinato il sonno a molti potenti “eroi combattenti” reduci dagli anni settanta. Ha squarciato con una luce vivida ed intensa quella penombra che ancora ammanta, solo in Italia, la parola terrorismo.
Ha raccontato a tutti la scomoda verità delle vittime, e non quella dei molti criminali che sono passati indenni attraverso pochi anni di galera (nonostante la vastità delle condanne) e che adesso sono, addirittura, seduti in Parlamento e nelle redazioni di moltissimi quotidiani o studi televisivi. Questo libro tenta di spiegare chi era davvero il commissario Calabresi, chi era davvero l’uomo che subì per mesi un linciaggio morale tra i più violenti mai registrati in Italia, con il tacito consenso di larga parte del mondo intellettuale e culturale (?) di allora, finchè non venne ammazzato con due colpi di pistola il 17 maggio del 1972, alle 9 e 15 del mattino. Ce lo racconta il figlio, oggi giornalista, usando le parole che ha covato e distillato nel proprio cuore per oltre tre decenni. E usa anche le parole dei suoi fratelli e della madre, rimasta vedova con il terzo figlio ancora in grembo, mescolate a quelle dei parenti delle altre vittime del terrorismo, note e meno note: attraverso Mario parlano del loro dolore la vedova D’Antona, la vedova Biagi, le mogli e i figli dei componenti la scorta trucidata in Via Fani, il figlio del giudice Alessandrini, la vedova di Tobagi e decine di altre persone private dei loro affetti più cari nel nome di una guerra unilaterale che adesso (ma non da oggi) si vuole ridurre a un tentativo fallito di rivoluzione che esige i propri soldati tutti fuori dalle carceri (i pochi che ancora ci sono…).
In queste pagine si parla anche della vicenda della Grazia a Sofri e Bompressi, si dipingono riflessioni che molto spesso lasciano a bocca aperta per la loro cristallina (e Cristiana) lucidità, specie se pensiamo ai tragici fatti che le hanno originate.
Dice Pansa, quasi al termine del libro: “Sento spesso dire che siamo stati poco garantisti con chi voleva fare la rivoluzione ed ha sparato. Non so se sia davvero così. Ma so per certo che siamo stati poco umani con le mogli, i figli ed i genitori di chi è stato ucciso”.
Quelle di Mario sono parole limate dai mesi e dagli anni passati ad analizzare ogni fatto, ogni telefonata anonima, ogni volantino, ogni dichiarazione. Sono il distillato di un oceano di dolore nel quale si è ritrovato a nuotare, purtroppo in compagnia di altre centinaia di persone fino ad allora sconosciute, contro la sua volontà. E le sue sono pagine che non contengono mai, nonostante tutto, la parola Vendetta. Sono pagine che invocano “soltanto” Giustizia, e che chiedono con forza, ma senza urlare, ad uno Stato assente e smemorato di ricordare con dignità tutte le sue vittime, a dispetto delle convenienze di maniera che sembrano ammorbare molti settori delle istituzioni italiane.

- Luca Pasquadibisceglie

Il fasciocomunista


Libro - autore Antonio Pennacchi

Vita scriteriata di Accio Benassi, recita il titolo per esteso di questo libro, che ha ispirato il film "Mio fratello è figlio unico" che tanto successo ha avuto nelle sale la scorsa primavera. Un libro che racconta in modo romanzato la gioventù dell'autore (immagino io), che descrive come pochi altri titoli la realtà italiana a cavallo degli anni sessanta/settanta. La cultura cattolica della famiglia, nella Latina ancora in gran parte rurale e legata al passato fascista, gli studi in seminario, poi abbandonati per "uscire e conoscere il mondo", gli scontri con il fratello Manrico, i rapporti con gli altri Benassi (papà, mamma, Otello, Violetta e l'adorata Mimì), l'avvicinamento al mondo dell'estrema destra (e poi dell'estrema sinistra), il primo amore vissuto in parallelo con le manifestazioni studentesche, gli scontri (Valle Giulia e il famoso assalto alla facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza), le pistole che all’improvviso sostituiscono le aste delle bandiere ed i pugni, i gas lacrimogeni della polizia, gli arresti. E i tentativi di vivere una vita normale, instaurare un rapporto di dialogo con i genitori, sempre negato, trovarsi un lavoro, una fidanzata, conciliare il proprio essere con una personalità dissacrante e contestatrice che non riesce mai a mettersi a tacere un istante. Tutto narrato con uno stile unico e dirompente, un fiume di parole ora tenere ora dure, ora arroganti ora sentimentali, ironiche e messe sempre al posto giusto. Condensare così il percorso di una vita così particolare eppure così comune è come tentare di descrivere un quadro usando una fotografia mossa. L’invito è quello di leggere il libro e gustarlo in ogni sua sfumatura, comprese quelle più violente e tragiche, perché si tratta di una storia narrata con un piglio e un grado di coinvolgimento così elevati che troverete davvero difficile posare il libro prima di arrivare alla parola Fine.

- Luca Pasquadibisceglie

Clerks 2

Film - Regista Kevin Smith

Il seguito del mitico Clerks, il film autoprodotto che ci fece conoscere circa 15 anni fa il talento dissacrante di Kevin Smith, comincia con una scena apocalittica: Dante che arriva al negozio dove passa la sua esistenza a fare il commesso, e lo trova in fiamme. Insieme ai pompieri, poco dopo, arriva Randall, che gli chiede quasi sovrapensiero "Non dirmi che ho dimenticato ancora la macchina del caffè accesa!".
Ebbene sì, a causa dell'ennesima stupidata di Randall (eufemismo ... per chi ha visto Clerks rimane vivido il ricordo di quando, ad una veglia funebre, rovesciò la bara e relativa salma addosso agli invitati) i due si ritrovano disoccupati. Ma dopo i titoli di testa li ritroviamo nuovamente dietro ad un bancone, questa volta a cuocere hamburger e a friggere patatine da Mooby's, la finta catena di fast food che appare in molti film di Kevin. Dante è alle soglie del matrimonio, ma nel frattempo non disdegna di flirtare - anzi, di fare qualcosa di più - con la sua superiore (una incantevole Rosario Dawson) e non sospetta nulla della festa di addio al celibato che sta organizzando Randall, dove impareremo a vedere gli asini sotto una luce decisamente diversa dal solito. Jay e Silent Bob (come sempre interpretato dalla stesso Kevin Smith) continuano a stazionare fuori dal locale, esattamente come facevano con il Quick Stop di Clerks, importunando i clienti (specie le clienti) e spacciando le loro sostanze non proprio legali. Non svelo di più per non rovinare le numerose trovate del film, che si conclude in maniera assolutamente inaspettata. Un altro tassello molto godibile di uno sceneggiatore/regista che in Italia, chissà perchè, è ancora sconosciuto al grande pubblico, ma che ha dimostrato fin dagli esordi una grande capacità di leggere i nostri tempi e di sapersi misurare con storie mai banali, sempre piene di sorprese e condite con dialoghi unici nel loro genere.

- Luca Pasquadibisceglie

venerdì 2 novembre 2007

Hourglass

MUSICA: Hourglass - Autore: Dave Gaham
Secondo lavoro solista per la carismatica voce dei Depeche Mode, che segue Paper monsters del 2003. Un disco bello ed elegante, con suoni e melodie avvolgenti ed ipnotiche. Se possibile, un lavoro percorso da una venatura dark ancora più profonda di quella presente nei dischi dei Depeche. Episodi come Deeper and deeper o 21 days lasciano il segno, con arrangiamneti ruvidi e la voce di David, ora tenera ora graffiante, che dipinge scenari per nulla rassicuranti ... una ideale colonna sonora per uno di quei videogiochi sullo stile di Condemned. Altrove la tensione si stempera in brani quasi minimalistici, retti sempre dall'intensità della voce del caricatissimo Dave. Il singolo Kingdom non sfigura affatto, anche se in fondo è l'episodio più facile (cioè più alla Depeche) dell'intero disco, al pari di Use you. In queste sere umide e buie, è davvero difficile resistere al pathos sonoro di Miracles, Saw something ed Endless, tappeti di note dove la calda voce di David fa viaggiare oltre i confini di un freddo dischetto di plastica chiamato cd.

- Luca Pasquadibisceglie

Black Rain

MUSICA: Black Rain - Autore: Ozzy Osbourne
Lo confesso: non avrei mai pensato di ascoltare un nuovo disco del caro vecchio Ozzy. Mi sono fermato, molti capelli ed anni fa, a The ultimate sin, e ho evitato accuratamente la visione di The Osbournes su Mtv. Perchè infierire sulla demenza senile di un uomo che ha dato così tanto a milioni di giovani rockettari come me con brani come Iron Man, Paranoid, I don't know, Bark at the moon? Meglio ricordarselo com'era . . . Invece, ecco che ti salta fuori questo Black Rain, che a sorpresa non riesco più a cancellare dall' iPod che mi tiene compagnia nei lunghi viaggi da pendolare binario (nel senso dei treni, non matematico!). Black rain è un disco, chiarisco subito, che non aggiunge nulla alla storia della musica, ma che si lascia ascoltare con un coinvolgimento del tutto inatteso. Sarà il possente lavoro alla chitarra di Zakk Wilde (che ormai avrà i suoi annetti anche lui), sarà la vociona di Ozzy, sempre magica e particolare, saranno canzoni come I don't wanna stop, Black rain, The almighty dollar . . . non so. Ma il disco resiste, e gli ascolti si ripetono ogni settimana di più. Se avete agitato la testa al ritmo di una quasiasi canzone dei Black Sabbath o dell'Ozzy solista, concedetegli almeno una chance e non ve ne pentirete!
- Luca Pasquadibisceglie

Trees outside the academy

MUSICA: Trees outside the academy - di Thurston Moore

Definire eclettico uno come Thurston Moore può persino sembrare riduttivo. Fondatore e leader dei newyorkesi Sonic Youth, alfieri del noise rock più indipendente del mondo, almeno fino a metà anni novanta, produttore e mentore dell'intera scena ex cbgb's, poeta e scrittore, marito (di Kim Gordon, bass player e cantante in moltissimi progetti paralleli ai SY) e padre di famiglia, il sosia magro di Beck (come si è autodefinito in più di un'occasione) sforna un altro disco solista, tanto per non restare disoccupato dopo la nemmeno troppo lontana fatica dei Sonic (il senza infamia e senza lode Rather Ripped ). Cosa si nasconde in questo Trees outside the academy? Presto detto: solo una delle molte personalità di TM. Non la principale, non l'ultima. Solo una tra le tante. Molto pseudo fok acustico ed elettrico, qualche traccia noise fatta di feedback e chiacchiere a ruota libera, aperture melodiche e arrangiamenti degni di una colonna sonora neo classicheggiante (American Coffin su tutte). Insomma, un disco di TM. Che suona abbastanza ma non troppo ad un disco dei SY, dove sperimenta ma non troppo, dove svela una melodia cristallina ma subito la nasconde dietro ad una nota dissonante o ad un fischio che sembra non c'entrare nulla rispetto a tutto il resto. Ma in fondo, un ascolto che si gode molto di più degli ultimi dischi dei SY. E con quest'ultia eresia corro a nascondermi dietro ai poster di Sister e di Dirty.
- Luca Pasquadibisceglie

Minutes to midnight

MUSICA: Minutes to midnight - Autore: Linkin Park
Minutes to midnight, terzo album dei LP, continua e conferma i cambiamenti emersi già dall'ascolto di Meteora (2004). I ragazzoni del rock a stelle e striscie stanno infatti abbandonando la forma canzone sullo stile di In the end (hit mondiale del loro esordio Hybrid Theory: cantato hip hop, riff di chitarra e ritornello con voce power) per approdare a due diverse soluzioni: una più vicina al riff (nu)metal (specie in No more sorrow), l'altra molto simile al pop/rock da classifica (Leave out all the rest, Valentine's day). Nel mezzo ci sono brani "ibridi" come What I've done, Given up e Hands held high, che occhieggiano ora ai ricordi di Hybrid theory, ora ai "vorrei ma non oso ancora fare" che molto probabilmente comporranno la loro prossima fatica. Per ora ci rimane sul piatto (o nell'ipod) un bel disco, comunque vario e ben suonato/cantato, nuovo nei suoni e molto accattivante negli arrangiamenti (specie in alcune linee di basso). Peccato che la tempesta dell'Heineken Jamming Festival ci abbia negato la possibilità di verificare sul campo i progressi dei LP, speriamo di avere presto l'occasione di rimediare, magari al chiuso di un palazzetto caldo e asciutto.
- Luca Pasquadibisceglie

A good life

LIBRI: A good life - di Jay Mc Inerney
Un romanzo struggente e bellissimo, intenso e a tratti commovente, una storia raccontata con una profondità emotiva fatta di dettagli anche minimali (ma spesso fondamentali) che è stata da sempre il marchio di fabbrica dell'ex ragazzo cantore delle mille luci di New York. La storia in sè potrebbe anche essere banale: la crisi di due coppie della NY bene, quarantenni in carriera e desiderosi di raggiungere quei traguardi di vita e di status che sembrano sempre così vicini eppure non si raggiungono quasi mai. Con figli (alcuni avuti dalla fecondazione assistita tramite la cognata, con gli adolescenti persi nei loro “soliti” problemi di droga e crisi esistenziale), amici, impegni mondani, cene di beneficenza, storie da scrivere (ci deve sempre essere, a NY, un aspirante scrittore), insomma sogni da inseguire e quotidianità da affrontare. Solo che poi, un giorno, succede che due aerei abbattono le torri del World Trade Center ... e tutto cambia in un secondo. Si mescolano le carte, e ognuno reagisce come sa e come può. Nasce così una storia d'amore fatta di tradimento e di passione, di rimorsi e di abbandoni sensuali, potente come raramente succede di vivere, una storia di rinascita e in grado di aiutare in infiniti modi chi la esalta con ogni singolo respiro di tormento. Salvo poi dover fare i conti con chi la storia non la vive, ma la subisce suo malgrado: marito tradito, moglie tradita, i rispettivi figli. Non dico altro, siamo alle pagine finali. Che restano tra le migliori che io abbia mai letto. Un libro da leggere e da regalare a piene mani e su cui, magari, meditare anche un po’.

- Luca Pasquadibisceglie

mercoledì 31 ottobre 2007

Baby 81

MUSICA: Baby 81 - Autore: Black Rebel Motorcycle Club


Uno tra i gruppi più sottovalutati al mondo sono i Black Rebel Motorcycle Club. Insieme ai Motorpsycho e ai Girls against Boys formano un trio con una sfiga contrattuale e di vendite davvero da record. Eppure, disco dopo disco, proseguono imperterriti nella loro epica impresa: suonare del rock che si possa chiamare davvero rock. E suonano rock anche quando lo travestono da blues o da folk, e il precedente album Howl lo ha dimostrato a quella sparuta decina di coraggiosi che tra la compilation del Festivalbar e qualche chicca di Gigi D'Alessio (senza offesa per nessuno) hanno avuto la pazienza di fare il loro nome al negoziante di fiducia o allo store di iTunes. Ora arriva questo Baby 81 a confermare il fatto che i ribelli del club motociclistico non mollano la presa. Basta ascoltare pezzi come Berlin o Cold wind per rendersene conto: quattro quarti asciutto, un riff e un ritornello che non riesce a farti tenere ferma la testa. Un "tiro" che resiste ascolto dopo ascolto, impreziosito da una voce che più ad hoc di così non potrebbe essere. Poi arrivano episodi come Windows o 666 conductor o All you do is talk, e il tono diventa improvvisamente più calmo, spleen, con un pianoforte e dei tagli di slide guitar degni dei bluesman più incalliti. Non c'è niente da fare: comprate uno qualsiasi dei dischi della triade di cui sopra e ci troverete dentro più idee che nel resto dei gruppi "rribelli" che occhieggiano spavaldi dal 99% delle riviste musicali mondiali. Almeno mi facessero lo sconto sui loro concerti ...


- Luca P.

martedì 30 ottobre 2007

Broken Boys Soldiers

MUSICA: Broken Boys Soldiers - Autore: The raconteurs


Broken boy soldiers, esordio del progetto di Jack Stripe (sì, quello del tormentone mondiale popopopopopo di Seven nation army dei suoi White Stripes) è un gran bel disco. A patto che chi lo ascolta si sia fermato al rock di fine anni settanta. Qui non ci sono slappate di basso, sintetizzatori o campionamenti, voci power o suoni "estremi". Ci sono una voce, molto calda ed emozionante, una chitarra molto spesso acustica che suona poco, pochissimo in levare, un basso ed una batteria che fanno poco più che tenere il tempo. Quasi assenti gli assoli, molti i cori intimistici. Un disco che cattura proprio per la sua semplicità, per le sue canzoni di qualità così sfacciatamente “retrò”. Da ascoltare, per intenderci, bevendo un buon bicchiere di vino rosso, sdraiati in un luogo tranquillo e possibilmente poco luminoso. A ciascuno decidere la compagnia più adatta … Non fatevi trarre in inganno dalla iniziale Steady as she goes, che starebbe benissimo su qualsiasi album dei White Stripes: il disco è composto da altro, specie delle stupende Broken Boy Soldiers, Hands e Together, che se fosse in un disco dei Beatles sarebbe già stato piazzato in mille spot pubblicitari al pari di Here comes the sun. Un piccolo gioiello che per fortuna non vedremo mai saltellare in uno stadio.


- Luca P.

mercoledì 10 ottobre 2007

Lampi d'estate

LIBRI: Lampi d'estate - Autore: P.G. Wodehouse
Oggi leggiamo Wodehouse con un ritardo medio di 70 anni rispetto a quando ha scritto i libri.
In Italia Wodehouse è tradotto in italiano.
Queste sono le uniche due critiche che si possono fare al lavoro di un Autore che ha scelto di creare delle buone letture invece della pessima letteratura in cui tanti si cimentano. L'uso delle parole e delle storie al limite (e oltre) il "non sense" creano il suo umorismo. Leggere Wodehouse vuol dire impegnare la propria mente a disimpegnarsi, bisogna stare attenti alle singole parole per capire quello che non si capirebbe leggendo la frase superficialmente. E' come giocare con la Settimana Enigmistica, niente di troppo impegnativo, ma è divertente. Il libro "Lampi d'estate" potrà risultare straordinariamente divertente per qualche lettore e noiosamente stupido per altri. Vale la pena di rischiarne la lettura, se per pura fortuna faceste parte della prima categoria, avrete scoperto un autore che vi accompagnerà per tutta la vita con il suo tenero umorismo.
- Roberto Moretto

venerdì 14 settembre 2007

The Back room


MUSICA: The Back room - Autore: Editors


Se il nome di Ian Curtis e - di riflesso - quello dei Joy Division vi procurano una fitta al cuore, questo è il disco che fa per voi. Nonostante il passare dei mesi, rimane nella mia personale top five dei dischi degli ultimi anni. Una musica che prende a piene mani dalla prima new wave che poi sfociò, proprio grazie ai JD, in quel fiume in piena fatto di Cure, Smiths e Sisters of Mercy. Basta ascoltare un minuto di Blood e si capisce che gli Editors hanno consumato i solchi dei JD fin da bambini, sostituendoli al latte materno. Pezzi come Fall, All sparks e Munich non fanno che confermarlo, attualizzando anche il loro discorso musicale con qualche arrangiamento melodico più direttamente riferito al nostro tempo e non agli inizi dei nebbiosi anni 80. Il cd - bello dall'inizio alla fine - è disponibile anche in edizione limitata, con un dvd che documenta la loro esibizione al Paradiso Club di Amsterdam, luogo culto in cui i JD suonarono una delle loro date più riuscite e famose, immortalata in molti bootleg. E con questo, è chiaro che il cerchio - fino al nuovo disco degli Editors - si chiude ancora con l'immagine di Ian sullo sfondo. Buon ascolto!


- Luca P.