lunedì 7 febbraio 2005

Some kind of monster

FILM: Some kind of monster - Autore: Metallica

Un documentario rock fatto bene è merce rara. Difficile scindere la persona dalla sua immagine e dal mitico credito di cui gode un artista presso i propri fan. Difficile raccontare con onestà il travagliio creativo di una qualsiasi opera, che sia musicale, letteraria o altro. SKOM ci riesce, pur con qualche passaggio un po' troppo lento, nel migliore dei modi. I Metallica sono il gruppo rock più famoso del mondo, hanno venduto quasi (o di più, dipende dal giornalista) 100 milioni di dischi, suonano da vent'anni e più e hanno portato il genere heavy metal (nato speed e finito solo rock) alle masse. Ma sono persone. Hanno dubbi, crisi, sogni, speranze, frustrazioni, dolori. E SKOM li mette in fila, sotto i riflettori, uno ad uno. James Hetfield era un alcolizzato, è sparito per mesi per disintossicarsi mentre i suoi compagni lo aspettavano incerti sul futuro del gruppo. Le voci si rincorrevano, il tempo passava, e nulla accadeva. In questo si inseriscono altri avvenimenti, noti ai fedelissimi, quali l'abbandono del bassista Jason Newsted e la ricerca del suo sostituto. Con sempre presente il fantasma di Cliff Burton, bassista geniale scomparso a causa di un incidente stradale durante il tour del 1986. A proposito di fantasmi, non voglio dimenticare il primo chitarrista del gruppo, quel tale Dave Mustaine liquidato in due settimane a causa dei suoi problemi con l'alcol e fondatore dei Megadeth, band da sempre antagonista dei Metallica. E proprio il faccia a faccia tra Dave e Lars Urlich (batterista) è secondo me la scena più intensa dell'intero film. Due persone che si spogliano di tutto il loro successo, e si guardano negli occhi dopo vent'anni. E una di loro piange. Nonostante tutto. Il film prosegue con il ritorno di James, i provini per il sostituto di Newsted e la scelta (azzeccatissima) del nuovo bassista, il mitico e rotondo Rob Truillo. Un bel film, da vedere anche se non sapete nemmeno chi siano i Metallica, perchè girato con il chiaro intento di spostare una volta per tutte le tende che celano le vere vite di persone definite "star". E capire che un uomo, in fondo, è sempre un uomo. E che le sue paure, se ha il coraggio di affrontarle, sono sempre le solite, indipendentemente del conto in banca e dei tatuaggi da metallaro che si porta addosso.
-Luca Pasquadibisceglie